Niente male come primo concerto!
3 novembre 2013, è domenica. Oggi è un
grande giorno: assisterò con mio padre al concerto del mio musicista preferito,
di una vera leggenda del rock, del blues e del folk, Bob Dylan, per capirci.
Ore 16:20, partenza. Destinazione: Teatro degli Arcimboldi, Milano. Due ore
dopo siamo già in città; un'altra oretta serve per trovare parcheggio. Ma non
c'è fretta, siamo in anticipo. Fuori dal Teatro c'è parecchia gente, la maggior
parte tra i trenta e i quarant'anni. Ore 20:00, entriamo e ci sediamo. Dopo
un'oretta d'attesa, si spengono le luci, la band attacca con una versione
accelerata di Things Have Changed e, quando torna luce, in
mezzo al palco appare, a gambe aperte e sicuro di sé, Bob, vestito di nero, con
sciarpa verde e senza il solito cappello. Rispetto alle tappe italiane di
qualche anno fa, il Menestrello di Duluth non "gracchia" affatto: la
voce c'è eccome! 2 ore di pura energia interrotte da una breve pausa in cui il
nostro (cosa rara!) saluta il pubblico con un semplice "grazie", ma
attenzione! Io mi aspetto di sentire i grandi successi degli anni Sessanta, mio padre di vederlo suonare da solo
con chitarra e armonica; sicuramente un'ampia fetta di pubblico nutre le stesse
speranze. E invece nulla di tutto questo. Bob sta quasi sempre alla tastiera e
in almeno cinque pezzi si lancia in assoli di armonica che solo lui sa fare; il
resto lo fanno i suoi eccellenti accompagnatori, tra cui spicca il
polistrumentista David Hidalgo (suona banjo, violino fisarmonica e pedal steel
guitar). Per quanto riguarda la scaletta si tratta di un mix alternato di
cavalli di battaglia presi da Blood on the Tracks (1975), On
Mercy ('89) e Time Out of Mind ('97) e di canzoni del
nuovo millennio, (ben 5 dall'ultimo album,Tempest, del 2012). Dei
Sessanta esegue solo Visions of Johanna al posto di Desolation
Row; nel bis, quando sono tutti ormai in piedi per una lunga standing
ovation, gioca due jolly: una scatenata All Along the Watchtower (da John
Wesley Harding, '67) e una commovente Blowin' in the Wind. Si
faticava comunque a riconoscere le tracce, a parte per chi sa tutti i testi a
memoria. Il motivo è che sono state "filtrate" dal suond morbido e
pacato diTempest, ma del resto la rivisitazione degli album precedenti
tramite l'ultimo è una mossa che Bob ha sempre fatto. In ogni caso, chiunque
esca dagli Arcimboldi non può che dirsi soddisfatto: Bob sembra aver messo
tutti d'accordo, dimostrando di essere ancora capace di farsi apprezzare dai
fan più incalliti come da chi lo ascolta live per la prima volta. Alle ore 1:15
siamo a casa. Dovrò entrare un'ora dopo a scuola, ma ne è valsa davvero la
pena, visto che non capita tutti i giorni di andare a sentire Bob Dylan. Non
c'è che dire, il primo concerto della mia vita è stato semplicemente STRAORDINARIO!
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