venerdì 31 ottobre 2014

BOB DYLAN _ TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI _ MILANO

Niente male come primo concerto!
3 novembre 2013, è domenica. Oggi è un grande giorno: assisterò con mio padre al concerto del mio musicista preferito, di una vera leggenda del rock, del blues e del folk, Bob Dylan, per capirci. Ore 16:20, partenza. Destinazione: Teatro degli Arcimboldi, Milano. Due ore dopo siamo già in città; un'altra oretta serve per trovare parcheggio. Ma non c'è fretta, siamo in anticipo. Fuori dal Teatro c'è parecchia gente, la maggior parte tra i trenta e i quarant'anni. Ore 20:00, entriamo e ci sediamo. Dopo un'oretta d'attesa, si spengono le luci, la band attacca con una versione accelerata di Things Have Changed e, quando torna luce, in mezzo al palco appare, a gambe aperte e sicuro di sé, Bob, vestito di nero, con sciarpa verde e senza il solito cappello. Rispetto alle tappe italiane di qualche anno fa, il Menestrello di Duluth non "gracchia" affatto: la voce c'è eccome! 2 ore di pura energia interrotte da una breve pausa in cui il nostro (cosa rara!) saluta il pubblico con un semplice "grazie", ma attenzione! Io mi aspetto di sentire grandi successi degli anni Sessanta, mio padre di vederlo suonare da solo con chitarra e armonica; sicuramente un'ampia fetta di pubblico nutre le stesse speranze. E invece nulla di tutto questo. Bob sta quasi sempre alla tastiera e in almeno cinque pezzi si lancia in assoli di armonica che solo lui sa fare; il resto lo fanno i suoi eccellenti accompagnatori, tra cui spicca il polistrumentista David Hidalgo (suona banjo, violino fisarmonica e pedal steel guitar). Per quanto riguarda la scaletta si tratta di un mix alternato di cavalli di battaglia presi da Blood on the Tracks (1975), On Mercy ('89) e Time Out of Mind ('97) e di canzoni del nuovo millennio, (ben 5 dall'ultimo album,Tempest, del 2012). Dei Sessanta esegue solo Visions of Johanna al posto di Desolation Row; nel bis, quando sono tutti ormai in piedi per una lunga standing ovation, gioca due jolly: una scatenata All Along the Watchtower (da John Wesley Harding, '67) e una commovente Blowin' in the Wind. Si faticava comunque a riconoscere le tracce, a parte per chi sa tutti i testi a memoria. Il motivo è che sono state "filtrate" dal suond morbido e pacato diTempest, ma del resto la rivisitazione degli album precedenti tramite l'ultimo è una mossa che Bob ha sempre fatto. In ogni caso, chiunque esca dagli Arcimboldi non può che dirsi soddisfatto: Bob sembra aver messo tutti d'accordo, dimostrando di essere ancora capace di farsi apprezzare dai fan più incalliti come da chi lo ascolta live per la prima volta. Alle ore 1:15 siamo a casa. Dovrò entrare un'ora dopo a scuola, ma ne è valsa davvero la pena, visto che non capita tutti i giorni di andare a sentire Bob Dylan. Non c'è che dire, il primo concerto della mia vita è stato semplicemente STRAORDINARIO!


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