giovedì 5 febbraio 2015

Bob Marley & The Wailers _ Babylon by bus

Scritto da: Martina


Io adoro il reggae , lo ascolto fin da quando ero molto piccola e tra tutti gli artisti che si sono cimentati in questo genere musicale, il mio preferito è Bob Marley.
Il mio amore per lui è profondo e viscerale, la sua musica ha accompagnato costantemente la mia vita negli ultimi anni, e se dovessero chiedermi quali canzoni porterei con me su un’isola deserta certamente sceglierei le sue.
In questa recensione voglio raccontarvi l’inizio della mia “storia d’amore” con il re del reggae, che inizia proprio quando , ad un pranzo di Pasqua del 2008, mio zio mi donò l’album “Babylon by Bus”. In realtà non si trattava un vero e proprio regalo; la mia professoressa delle medie mi aveva assegnato una ricerca sulla Jamaica, per questo motivo dunque avevo deciso di approfondire la cultura musicale di quello stato, e sapendo che mio zio era un ascoltatore di diversi generi musicali, gli chiesi se per caso aveva in casa un album reggae da prestarmi.
Non avevo mai ascoltato quel tipo di musica: certo , come tutti conoscevo la celeberrima “No woman, No cry”, ma ero anche schiava del pregiudizio troppo diffuso che associa la musica reggae alla marijuana , quindi ero abbastanza scettica e preferivo evitare quel genere musicale.
L’incontro con Bob fu quindi del tutto casuale non partì nemmeno con i migliori propositi; dovevo ascoltare la sua musica per un compito scolastico, non per mio interesse personale.
La situazione mutò non appena iniziai ad ascoltare la prima traccia dell’ album , “Positive Vibration”: per me, abituata alla musica commerciale di Rihanna e Tiziano Ferro, fu quasi uno shock. Non avevo mai sentito un album live e mi aspettavo che la la prima traccia partisse immediatamente: sentire prima i rumori confusi della folla, e poi le grida di Bob che caricava il pubblico erano per me, tredicenne abituata alle canzoni registrate e modificate in studio di Rihanna e compagnia bella, una totale novità! L’attesa per l’inizio della canzone caricò la mia curiosità, e non appena cominciò l’inconfondibile riff reggae, ne fui rapita. Per la prima volta ascoltai una musica lenta e cadenzata, la quale, pur avendo una forte elaborazione tecnica alle spalle, viene percepita dall’ascoltatore come naturale e leggera. Fu bellissimo, la “positive vibration” cantata da Bob arrivò anche da me, facendomi amare la sua musica.
La seconda traccia dell’album, “Punky Reggae Party”, non uno dei brani di Bob Marley più conosciuti, ma è tra i miei preferiti.
La terza canzone invece , “Exodus”, che tra l’altro dà il nome ad uno dei più famosi album del cantante,è forse una delle tracce più emblematiche mai scritte da Bob, poiché condensa al suo interno alcuni dei leit motiv dell’intera produzione del jamaicano.
Si prosegue con la celeberrima “Stir it Up” , canzone ammiccante e provocante.
Mentre ascolti questo album il tempo passa in fretta, senza che tu te ne accorga, e passando attraverso “Rat Race”, “Concrete Jungle” e “Kinky Reggae”, si arriva alla famosissima “Lively up yourself”. Questa canzone racconta fondamentalmente degli effetti della musica reggae sulla gente: questo genere anima le persone , le ravviva e le fa muovere.
Subito dopo troviamo “Rebel Music”, mentre la decima traccia è “War”. La genesi di questa canzone è estremamente interessante: il testo è tratto da un discorso che l’imperatore d’Etiopia Hailè Selassiè , considerato dalla religione rastafariana come la seconda reincarnazione di Dio, pronunciò all’Assemblea delle Nazioni Unite nel 1963. Si tratta di un inno alla pace all’uguaglianza e alla fratellanza tra i popoli; infatti sia la canzone di Marley che il discorso del Ras Tafari affermano che fino al momento in cui la filosofia che considera una razza superiore e una inferiore non verrà completamente screditata ed eliminata, e fino a quando il colore della pelle di un uomo sarà più importante del colore dei suoi occhi, ci sarà la guerra.
L’undicesima traccia è la bellissima canzone d’amore “Is this love”, e la traccia seguente è la purtroppo non troppo nota “Heathen”.
L’album live registrato nel 1978 si conclude con la celeberrima “Jamming”.
Questo lavoro rappresenta uno dei vertici della carriera di Marley, e racchiude al suo interno canzoni famosissime e rappresentative di quello che era il messaggio che Bob ha voluto lasciare al mondo.
Ho preferito descrivere quest’album dal punto di vista emotivo più che da un lato tecnico, perché su di esso è ormai stato già scritto tutto, e ripetere pedissequamente ciò che era stato già detto mi sembrava abbastanza inutile; ho preferito comunicarvi quello che ho provato quando per la prima volta ho ascoltato quello che è ancora oggi il genere musicale che ascolto più volentieri.

Io con questo album ho iniziato ad amare il reggae e il suo più famoso cantante, e anche per questo motivo consiglio a chiunque di ascoltarlo almeno una volta nella vita. 

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